5. Primo concetto di Arte.

“...serva d'insegnamento la mia convinzione che l'arte sia il più alto compito e l'autentica attività metafisica dell'esistenza...” (Friedrich Nietzsche “La nascita della tragedia”. Prefazione a Richard Wagner - Basilea 1871).

Ogni attività dell'uomo è arte. Anzi, la vera arte si nasconde proprio nei gesti più comuni, nelle attività piccole e quotidiane. Non tanto nell'atto forzatamente artistico del performer che di fronte ad un pubblico sente l'esigenza di fare la ruota per stupire ed impressionare. Perché l'arte non è un atto geniale fine a sé stesso. Nelle attività piccole e quotidiane sta l'economia dei movimenti. Quando mettiamo un cucchiaino di zucchero nel caffè non abbiamo bisogno di roteare il braccio compiendo un cerchio intorno alla testa. Preleviamo semplicemente lo zucchero dalla zuccheriera col cucchiaino e con un gesto semplice e istintivo lo immergiamo nel caffè, poi mescoliamo. Però prima avremo svuotato il pacchetto di zucchero nella zuccheriera. Prima ancora saremo andati a comprare lo zucchero al supermercato, insieme al resto della spesa. Tutte queste azioni le avremo compiute in modo semplice e naturale, cercando di economizzare l'energia spesa per compierle. La genialità dell'arte è contenuta nel lavoro quotidiano e faticoso di ricerca, esercizio e applicazione di ciò che si è imparato, senza cercare espedienti per risparmiare le energie riducendo l'intera opera ad un unico gesto plastico risolutivo. È piuttosto il frutto di un lavoro complesso e continuo, talvolta celato dietro alla propria vita. Per questo motivo vorrei che chi si interessa di pittura non si consideri un artista ma piuttosto un semplice pittore (questo concetto di arte va inteso come espressamente riferito alla pittura. Anche la danza infatti è arte e il ballerino che compie la ruota deve provare molte volte prima di riuscire a farla in modo perfetto). Non è una prerogativa della pittura quella di stupire o mirare all'assoluta originalità. La pittura è più che altro tradizione, è un sapere tramandato nei secoli. Ciò che veramente rende attuale un quadro è casomai il soggetto. Ciò che rende un quadro un capolavoro è la maestria (il kung-fu) con la quale è eseguito.

Si è detto recentemente che “less is more” dopo di che è passato come corretto che qualsiasi minimalismo poteva essere considerato arte. Questa idea semplicistica contiene un'importante menomazione. Non è in questo modo che va intesa. Quando traduciamo un'immagine in pittura noi non stiamo riportando semplicemente sulla tela il soggetto. Stiamo invece ricercando una sintesi pittorica del soggetto. Per cui l'obiettivo non è ingrandire una fotografia, come spesso qualche dilettante prova a fare. L'obiettivo è fare della pittura, non della fotografia. Dunque l'immagine deve passare attraverso il filtro della nostra esperienza e trasfigurarsi in tasselli di colore, fusioni e colpi di manico che insieme devono concorrere a rappresentare la nostra idea dell'immagine. È ammissibile che questa pratica possa essere, anche attraverso l'impiego di effetti, una semplificazione forte o un'idealizzazione della realtà. Il fatto stesso che sulla tela non vi siano la terza e la quarta dimensione, se non presenti come idea di volume e movimento nella resa stilistica, è il frutto di una importante semplificazione. A mano a mano che ci si vuole allontanare progressivamente dalla fedeltà al soggetto si può effettivamente ricercare una sempre maggiore sintesi di stile. Tuttavia è evidentemente eccessivo privare completamente di ogni senso e di ogni contenuto la lettura dell'opera, perché la pittura è un linguaggio e il linguaggio è comunicazione di senso. A meno che non ci si voglia davvero arrendere al fatto che non c'è la necessità di dire proprio niente, perché tutto è già stato detto. Però se il discorso viene rimesso in questi termini ti invito a riflettere profondamente sulla reale necessità di comunicare questo messaggio. A tal proposito sappi che se non avrai detto niente sarai da considerare insignificante. Non vi è alcuna necessità di comunicare l'assenza di comunicazione, specialmente in un'epoca come la nostra in cui i mezzi di comunicazione hanno un ruolo così primario. Si può dire che oggi esiste un vero e proprio bombardamento mediatico. Pensiamo solo alla pubblicità (anche la pubblicità è arte). Quindi perché utilizzare questo ricercato media (la pittura) proprio per inviare un messaggio vuoto? Non è uno spreco? Ti sembrerebbe interessante, dal punto di vista artistico magari, ricevere ogni giorno migliaia di email vuote sul tuo account? Io trovo che questo fastidio non ha nessuna utilità e può benissimo essere evitato. Malgrado qualche interprete delle tue opere inutili si continui a spendere per compensare con mille parole inutili la tua impresa inutile.

Confrontati invece con i giganti dell'arte e prova a fare altrettanto, a eguagliarli e a superarli. È molto probabile che non ci riuscirai mai (questo va detto), ma quello che avrai prodotto non sarà solo un semplice tentativo. Sarà piuttosto una riuscita. Perché vedrai che sarai tu che ti sarai espresso al massimo delle tue potenzialità, senza cercare di risparmiarti, dando un saggio delle tue capacità ed esprimendo la tua propria identità. Con tutti i limiti del caso, sociali, economici, di tempo. Qualcuno un giorno potrà vedere proprio in te il modello da raggiungere perché ti troverà vicino alla propria sensibilità e alla propria idea di bellezza. In questo senso la pittura può diventare arte. Viceversa è molto poco probabile che l'arte diventi mai pittura. Pensa che Norman Rockwell prima di morire ha manifestato il rammarico di non essere mai riuscito a dipingere come Rembrandt. Eppure egli ha dipinto come Norman Rockwell, e chi sarebbe capace di fare altrettanto? Però non fermarti esclusivamente ad indagare il passato dell'arte. Viviamo nel presente ed al presente dobbiamo rimanere fortemente saldati. Osserva la natura, il paesaggio, anche il paesaggio umano, la società, informati sui fatti. Perché il compito della pittura è proprio quello di compiere la rappresentazione della realtà attuale. Magari attraverso una critica, magari in maniera astratta, metafisica, concettuale, oppure squisitamente realistica. Però sempre afferente il nostro periodo storico, oppure un periodo in analisi nel quale la nostra interpretazione è ancora assente (pensiamo a Jack Vettriano e alla sua interpretazione inedita dei ruggenti anni '30). Ora, ritorniamo per un attimo al concetto di sottrazione: “less is more”. Cosa significa veramente? Un principio valido anche per la letteratura è che, in una vicenda, bisogna eliminare tutti gli elementi non necessari per la narrazione. Ridurre quindi le descrizioni, le singole vicende e i personaggi alla sola cerchia di ciò che serve per raccontare la storia di cui vogliamo parlare, senza indugiare in divagazioni che non aggiungono niente di saliente. Quindi se dobbiamo dipingere per esempio una cucina, abbiamo veramente bisogno solo degli elementi che ci fanno capire che quella rappresentata è una cucina. Non serve indugiare su altri elementi quali i quadri appesi o il cestino del cucito sul tavolo, a meno che quello che ci interessa veramente raccontare non sia una particolare attività che si svolge all'interno di quella particolare cucina che coinvolge questi nuovi elementi. Per esempio: è la casa di un importante sarta appassionata di pittura. Se consideriamo la questione in questi termini ci accorgeremo che anche pittori come Jan Vermeer, che ci ha lasciato degli stupendi quadri dalla grande potenza descrittiva e ricchissimi di elementi di vario tipo, inseriva nelle opere solo lo stretto necessario. Non per questo le sue opere si sono mai ridotte ad una linea verticale su sfondo blu. Egli piuttosto ha predisposto una ricca selezione di elementi, talvolta ricorrenti, in modo logico e sempre finalizzato alla rappresentazione e dunque alla narrazione. Ogni elemento identifica e ci aiuta a comprendere il soggetto del quadro. Niente è fuori posto, tutto è comprensibile. Come nella macchina scenica di un'opera teatrale di J. Grotowski, tutto è finalizzato al racconto. Questo è il vero senso della sottrazione. Non dobbiamo cadere nel tranello che vorrebbe confinare la funzione narrativa della pittura all'illustrazione sottraendola all'arte. Intanto perché l'illustrazione è arte tanto quanto, se non di più, della pittura, e poi perché da Giotto in poi il ruolo della pittura è sempre stato quello di raccontare qualcosa, una vicenda, un fatto, un mito. Già in epoca classica era così e nell'epoca post-moderna questo concetto ritorna prepotentemente in auge. Tuttavia è profondamente sbagliato considerare periodi come il medioevo o il modernismo come epoche buie. Pensiamo ai mosaici di Ravenna, a quanto fossero simili a quelli romani. In assoluta continuità. All'analisi del periodo romanico dell'iconografia romana, più dimesso ma pur sempre in continuità. Pensiamo alla rivoluzione del gotico come un arricchimento. Pensiamo al lavoro di sintesi teorica che è stato fatto dai modernisti per ritornare alla semplicità classica, dopo gli eccessi del periodo dell'eclettismo. Ripartendo dal trilite, dalla capanna primitiva, per definire semplici elementi verticali ed orizzontali su cui fondare la costruzione del paesaggio moderno. In un momento storico in cui l'arte sembrava completamente rivolta con gli occhi romantici ormai ciechi al passato (parlo per esempio della pittura di genere), il movimento moderno ha indotto la pittura a rivedere completamente l'estetica per riconciliarsi con la contemporaneità e la nuova produzione meccanizzata. Arrivando a definire, non soltanto uno stile pittorico, ma l'intera immagine della produzione dei manufatti, degli abiti, degli oggetti di design, dell'architettura. Fino ad arrivare all'odierna rinnovata attenzione per la natura, da rispettare e con la quale dialogare. Tutte cose che oggi possono entrare nelle nostre opere per identificare il periodo in cui esse sono eseguite. Il mito della modernità, le autostrade costruite in trincea o sopraelevate che seguono le curve del paesaggio, con le barriere del suono fatte a volte di alberi, le turbine eoliche, le automobili, gli skateboard, i palmari e chi più ne ha, più ne metta. Si va sostituendo all'epica classica sotto il nostro sguardo in modo sempre più evidente. Anche se a dire il vero abbiamo avuto uno splendido risorgimento in Italia, e in Francia si può dire lo stesso del periodo napoleonico, per cui il tema dell'attualità non era del tutto una novità. Si può dire che nell'ottocento abbiamo assistito ad una nuova epoca classica, quanto alla capacità degli artisti di rivaleggiare con la natura. Però qualcosa si stava logorando nel meccanismo. La pittura sembrava sempre più appannaggio dei ricchi, mentre nasceva la borghesia legata all'industrializzazione. Per cui subito vediamo comparire gli impressionisti, che sembrano proprio rivolgere la loro attenzione a questa nuova classe sociale. Il tutto culmina con la belle epoque, il lusso finalmente sembra essere alla portata per una più ampia platea di persone, il linguaggio artistico si adegua. Anche l'impressionismo come la belle epoque assomigliavano sempre più ad un nuovo romanticismo. Saranno i conflitti bellici mondiali a determinare un'ulteriore svolta. Questa volta in negativo, perché arriva la miseria quella nera. Improvvisamente il tema non è più la bellezza, la felicità e il lusso. Non è più la bellezza selvaggia della natura. Non è più nemmeno l'orgoglio patriottico. Subito prima della guerra qualcuno incominciava a preoccuparsi di manifestare un'esigenza di maggiore rigore e semplicità, così nasceva l'astrattismo. Dall'esigenza di avere una regola precisa e geometrica dietro alla forma, quasi proprio in opposizione allo sfarzo, allo svolazzo. In seguito, dopo la guerra, l'argomento incomincia ed essere l'orrore e la disperazione. Con l'espressionismo, che deriva dal post impressionismo. Mentre l'astrattismo e l'informale sembrano conservare un atteggiamento freddo rispetto alla realtà circostante. Così nasce la dicotomia fra la pittura figurativa e quella astratta. L'astrattismo sembra essere più bacchettone e il figurativo invece più smidollato. Tuttavia, oggi, specialmente dopo i fatti della shoah e dopo l'11 settembre diamo un valore rinnovato al concetto di memoria e di rappresentazione. Anche nella pittura figurativa. Con disillusione si può tranquillamente mescolare il mito antico ed il mito moderno. Il senso dell'onirico, il bello e tuttavia la contemplazione e anche l'orrore, che purtroppo sa produrre il reale e non solo il dionisiaco. Questi sono fatti pregni di significato. Il quadro contemporaneo può e probabilmente deve contenere anche un piccolo luogo triste, di meditazione, che ci ricorda che in ogni cosa si giace senza vita, quando l'uomo perde la propria umanità. Quindi, non solo il passatismo, il positivismo e il naturalismo ma anche lo storicismo contengono i valori giusti per darci gli spunti ideali per affrontare il nostro discorso artistico.

Mio padre, con la sua pittura surrealista è riuscito veramente a coniugare entrambi questi aspetti grazie ad un unico stile in definitiva personalissimo (vedi tav.6-7-8 nella sezione TAVOLE ILLUSTRATE).

Il passatismo, perché a volte inseriva nei quadri delle sculture classiche e dei personaggi presi da opere del rinascimento, inoltre cercava sempre di eguagliare Tiziano nell'uso del tonalismo, dipingendo a “pieno corpo” senza l'uso di velature.

Il positivismo, perché dipingeva vestiti vuoti che si muovevano senza i corpi e maschere appese a forma di facce, di fatto compiendo un'astrazione.

Il naturalismo, perché dipingeva gli abiti, le maschere, la natura e il paesaggio contemporaneo con perfetto realismo.

Lo storicismo, attraverso il simbolismo, perché inseriva di continuo palloncini e fili spinati in memoria delle vittime del genocidio nazista. Affrontando anche di volta in volta temi sociali, politici e di attualità.

Desidero spendere ancora due parole circa una definizione dell'arte, anche per invitare ad una riflessione più matura. Nella storia, le artiste donne, le pittrici di successo, sono solo una piccola minoranza e ancora oggi non gli viene tributato il giusto ruolo che gli spetterebbe. Per questo è un dovere riscoprirle e conoscerle. Il motivo non è solo l'aspetto così eroico di questi personaggi, a volte quasi mitologici, le donne con in mano il pennello. Il fatto è che secondo me tutta l'arte, da quella preistorica a quella classica, la gotica, fino a quella moderna e contemporanea, è profondamente femminile, o legata alla femminilità e all'immagine della donna. Anche quando l'artista che l'ha prodotta è un uomo. Probabilmente proprio per il tipo di attività, così futile e subalterna, che ad un primo sguardo può apparire poco virile, mentre invece è l'opposto e in ogni caso avvicina in modo virtuoso l'uomo alla donna. Un uomo che dipinge molto spesso è percepito come una specie di casalingo, uno che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena magari, sensibile che a volte non offre alcuna certezza nemmeno a se stesso. Però può essere un vero family-man. Anche il linguaggio, l'estetica, la sensibilità per l'estetica stessa, sono molto a mio avviso questioni femminili (tutti abbiamo un lato femminile e non dobbiamo vergognarci, abbiamo i capezzoli) e arrivare ad esprimere la bellezza nella sua perfezione presuppone l'abbattimento di importanti tabù che dimorano nella natura umana. Tanto che spesso la pittura viene poi mascolinizzata. A volte pure troppo. Penso in particolare alla pittura del regime fascista, ma questo succede anche nella pittura contemporanea, nella nuova oggettività, per esempio la bellezza femminile stessa tende a diventare androgina nella sua rappresentazione. Nell'epoca classica greca era vero il contrario, ma c'era comunque confusione di genere, ad esempio nelle sculture gli uomini venivano rappresentati con le gambe di donna. La pittura moderna e astratta spesso può essere percepita come molto femminile e frivola. Per la verità secondo me la giusta interpretazione di questo processo, non è tanto quella di una revisione dei canoni della femminilità o della bellezza, nel figurativo, quanto nell'aggiunta progressiva di maggiore vigore e concretezza. Un vigore anche materiale, tecnico e non propriamente estetico. Volto soprattutto alla solidità. Che non significa che se dipingiamo una donna deve sembrare un uomo o poco femminile. Significa che l'impasto è vigoroso, le sfumature quasi mai sono così delicate e impalpabili da scomparire, e quando lo sono danno comunque potenza alla rappresentazione. Raramente però c'è un gusto spiccato per la delicatezza da rendere perfino laconico il quadro. Perché c'è questa necessità? Forse perché bisogna dare concretezza all'arte che altrimenti tende a restare una cosa futile, eterea e impalpabile? Un lezioso regno delle fate? Un luogo infantile, magico e fantastico? L'operazione di dipingere, rappresentare, disvelare, in fondo è esattamente quella di rendere concreto qualcosa che forse esiste ancora solo nella mente? Non intendo solo il soggetto, che può essere benissimo reale, ma il modo di rappresentarlo, che è propriamente l'invenzione della pittura. Questi sono quesiti. Dammi tu una risposta, con i fatti.

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