4. L'astrazione.
Dio è uscito dall'astratto. Per cui, noi che siamo fatti a sua immagine e somiglianza ne siamo parimenti capaci. Gli antichi ritenevano che il pittore fosse la scimmia di Dio. I moderni hanno visto nell'attività del pittore un lavoro intellettuale. Questo però non ci autorizza necessariamente a demolire il passato, che poi è il motivo per il quale la pittura si è sdoganata da mera attività manuale. Del resto anche la pittura astratta appartiene al passato. Non è da ieri che si è vista, ma da più di un secolo. Ha perso il valore di novità che ha avuto.
Per cui, quando parlo di astrazione non mi riferisco alla pittura astratta ma, al fatto che tutta la pittura è astratta. È questo il bello. Perché se noi zoommiamo sui dettagli di un quadro ci accorgiamo subito che i tasselli di colore, le pennellate, gli effetti che costituiscono le cellule del quadro, non corrispondono alle cellule del soggetto reale. Sempre la pittura è un insieme di elementi astratti. Quasi come nelle le opere di Bernard Pras realizzate con i rifiuti. Lo può essere in tantissimi modi diversi. I tasselli possono essere più grandi e disordinati, oppure piccolissimi e perfettamente celati. Questa è la vera astrazione della pittura. È qualcosa che a tratti può emergere di più o di meno, in uno stesso quadro. Fino a diventare perfino un'opera ipertrofica. Se devo proprio dare il mio parere personale sul futuro della pittura d'avanguardia, e scegliere una corrente in particolare, vedo bene in questa direzione. Di derivazione daliniana. Che permette allo stesso tempo di mantenere una tradizione nella tecnica, oppure di migrare completamente con l'uso dei materiali più disparati. Fino anche al recupero di materiali si scarto, che sembra diventare sempre più il tema pregnante delle nuove generazioni. Se è vero che prossimamente verremo sommersi da ciò che produciamo. La pittura, come vedremo nel capitolo sul colore, è da sempre molto attiva per quanto riguarda il recupero e trovo che questa nuova corrente interpreta molto bene la filosofia della materia. Questo fatto però non significa necessariamente, secondo me, che io debba per forza adeguarmi a questo modo di fare arte. A me piace essere libero e inseguire di volta in volta le pulsioni del momento. Soffrirei se mi dovessi incuneare in un discorso così sistematico. In fondo trovo che fregiarsi di essere contemporanei sia inutile. Non è che cambia la mia data di nascita. Essere contemporaneo oggi è ineluttabile. Non serve a niente volerlo.
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