4. L'Arte è necessaria?
Forse l'arte non è realmente necessaria. Tuttavia migliora a tal punto il nostro stile di vita che non ne riusciremo più a fare a meno. Sarebbe impensabile vivere una vita senza mai andare al cinema una volta a vedere un film o al museo. Così, prima o poi forse, vorremo avere un quadro appeso a una parete della nostra casa che altrimenti ci sembrerà sempre triste e spoglia. L'uomo si sa, deve assolvere a molte esigenze primarie. Nutrirsi, vestirsi, lavarsi, avere un giaciglio per riposare, mantenersi in buona salute, magari procreare e migliorarsi spiritualmente. Quando avrà fatto tutte queste cose però non sarà riuscito a sfamare la propria brama di sapere, e di conseguenza la voglia di possedere ciò che conosce come valido. Conoscere la storia, i costumi dei popoli, le tecnologie e l'espressione estetica che l'uomo ha saputo esprimere nel tempo e nello spazio ci farà sentire di per sé più ricchi. Così, se non siamo dei monaci tibetani, anche quando avremo già a disposizione tutto l'indispensabile per vivere, la smania di possedere ciò che è bello, esclusivo e riconosciuto dai più come tale non ci abbandonerà mai fino alla tomba. Si spera.
L'arte, in questo caso la pittura, deve inseguire proprio questa bellezza; così ricercata e tuttavia mai completamente colta neppure dai più grandi esponenti fra gli artisti.
È sicuramente vanità, entro una certa misura. Però quando si dice che non di solo pane vive l'uomo si intende proprio questo. È il nostro spirito che ce lo chiede, per stare meglio e non cadere in depressione. Siamo votati per natura al bello e al buono. Nemmeno l'ultimo modello di smartphone ci appagherà tanto come sapere che la Gioconda è nostra e solo nostra... “il mio tesssoro” (come dice Gollum nella saga de “il signore degli anelli” di Tolkien.) e patrimonio del resto dell'umanità, naturalmente.
Voglio scrivere qualcosa su un argomento che vedo diventare sempre più attuale. L'arte-terapia. Lo faccio senza nessuna nozione di pedagogia e non sono un educatore ne un insegnante, quindi quello che dirò ha tanto più a che fare con l'arte che non con la medicina o l'istruzione. Posto che l'insegnamento di questa disciplina comunque mi compete perché sono maestro d'arte. A questo proposito mi ha colpito molto questa frase che ho letto:
“Ora però la scienza, spronata dalla sua possente illusione, si affretta intrattenibilmente verso i suoi limiti, sui quali naufraga l'ottimismo celato nell'essenza della logica. Poiché la circonferenza del cerchio della scienza è composta di punti infiniti, e mentre non è prevedibile in quale modo sarà mai possibile misurare interamente il cerchio, tuttavia l'uomo nobile e dotato, ancor prima della metà della sua vita, inevitabilmente si imbatte in tali punti-limite della circonferenza, dove egli si arresta di fronte all'inesplicabile. Al momento in cui egli vede qui, per suo terrore, come la logica su questi limiti si avvolga su se stessa e infine si morda la coda – allora erompe una nuova forma di conoscenza, la conoscenza tragica, che, per poter essere sopportata, necessita dell'arte come difesa e come farmaco.” (Friedrich Nietzsche “La nascita della tragedia”).
Nel testo del filosofo tedesco che segue a questo citato si capirà, poi, come la tragedia storicamente trova la sua ulteriore cura nella commedia (faccio una semplificazione).
È chiaro che quando si parla di questa conoscenza tragica, in qualche misura, si sta parlando del male di vivere che tutti quanti sperimentiamo, in rapporto alle nostre esigenze e ai mezzi a nostra disposizione per assolverle. Perché queste esigenze di natura pratica che abbiamo, in buona misura, ci spingono verso la conoscenza il più possibile profonda del mondo in cui viviamo.
Noi abbiamo la speranza che attraverso la cultura possiamo risolvere i nostri problemi quotidiani e infatti è così. Ma per quanto possiamo sforzarci di conoscere tutto non potremo mai avere in tasca l'intero scibile, e nemmeno potremo intuire tutto ciò che ancora non si è ufficialmente scoperto. Questo fatto ci tormenta e insieme a ciò va riscontrato che lo sforzo che compiamo per sapere produce un enorme stress che possiamo in qualche modo attenuare attraverso il lavoro manuale e la pratica.
In tal senso l'arte va intesa come una disciplina “pratica” che quindi ci permette di scaricare la nostra conoscenza teorica attraverso figure, musiche e scritti; in questo caso pitture. Tuttavia quello che mi chiedo io è questo: l'arte è realmente una terapia, oppure è essa stessa una malattia? La medicina è solo amara oppure è essa stessa la cicuta che ci avvelena levandoci ad ogni sofferenza pregressa?
Sono domande a cui non so rispondere. O forse sì. Probabilmente l'arte è salvifica nella misura in cui è realmente in grado di assolvere alle esigenze umane. Che sono le solite: nutrirsi, vestirsi, abitare, divertirsi e riprodursi. Lo voglio dire perché chi insegna l'arte-terapia deve sapere che la pittura è un lavoro vero e proprio e serve solamente quando esiste un riscontro economico. Viceversa, sarebbe come pretendere di curare un pazzo adoperando una mania. Non dico che “fare tanti soldi è la migliore forma d'arte” ma sarei un illuso se pensassi soltanto alla seduzione della bellezza o al piacere socratico per il sapere oppure al continuo rinnovarsi della mia natura nell'arte (Friedrich Nietzsche “La nascita della tragedia”. Le tre principali pulsioni dell'artista). Rimanendo del tutto indifferente al piacere che da il fatto di vedere riconosciuto un valore a quello che faccio. Personalmente considero la malattia mentale una patologia che coglie il povero, anche nel caso in cui non lo sia ma si sente solamente tale. Il fatto che la pittura possa offrirgli una fonte di sostentamento quindi può essere la cura.
A proposito di questo valore, che qui sopra si intende squisitamente economico, c'è da dire che c'è di più. È altresì importante essere riconosciuti anche dal punto di vista tecnico e artistico, poetico, stilistico. Questo è il motivo per cui ogni pittore si da tanto da fare ad analizzare, studiare, sperimentare, leggere, rimanere informato, farsi un'idea delle cose e dell'arte. C'è la brama di comunicare qualche concetto, un contenuto importante, un'espressione sensibile, qualcosa che possa anche far riflettere i posteri e nella migliore delle ipotesi fargli collocare tutta la nostra opera fra i classici imprescindibili. Questa brama però non ci deve mettere fretta mentre dipingiamo. È necessario procedere con ordine e secondo delle precise tempistiche, mentre si lavora. A monte ci sono dei concetti che devono essere il più possibile chiari e trasparenti. Che pittura rappresenta il nostro animo? Quale mostro bisogna affrontare? Il primo passo secondo me è risolvere in modo soddisfacente il nudo e il panneggio. Sembra una cosa elementare ma non è così. Questa questione è davvero essenziale perché tutta la pittura di ogni epoca si è preoccupata di questo, tanto che è possibile anche ridurre la propria pittura a questi soli due elementi. Il nudo e il panneggio. Questo è necessario, e ora non ti chiedere più se l'arte è necessaria.
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