4. Che cos'è il tempo-pittore? (capitoletto bonus)

Parliamo di tempo-pittore per riferirci agli effetti del tempo, dell'incuria, del vandalismo e degli agenti atmosferici sulle opere. E' fatale che, anche nel caso in cui siano state usate tutte le accortezze e i materiali migliori, a distanza di alcuni secoli le opere abbiano la tendenza ad alterarsi. Ciò avviene assolutamente in maniera più devastante quando si avrà lesinato sui materiali e utilizzato una tecnica che offre poca durabilità. Rivediamo alcune questioni nel dettaglio, perché un artista avveduto, conoscendo come i materiali tendono ad alterarsi può prevedere in una certa misura come l'opera diventerà dopo la prova del tempo. Ad esempio sappiamo che l'olio di lino tende ad ingiallire e che l'olio di noci vira verso il bruno. Questi fattori possono essere presi in considerazione per esempio quando vogliamo ottenere il classico effetto per cui i colpi di luce più chiari non siano completamente bianchi. Osservando le opere del rinascimento possiamo notare come il bianco puro non è quasi mai impiegato, esso secondo alcuni renderebbe il quadro più simile all'illustrazione che non alla pittura. Anche la patina quindi fa quello che deve fare. C'è stato un periodo in cui fu largamente impiegato il bianco di piombo che però era molto nocivo (guarda caso l'etimologia di nuocere e nocivo ha qualcosa in comune con quella di noce.). Questo colore aveva la tendenza a diventare un grigio freddo cupo per cui alla fine è stato sostituito completamente prima dal bianco d'argento e poi dal bianco di zinco, dunque da quello di titanio, il quale in assoluto sembra l'opzione migliore. Esiste anche il superbianco (che poi sarebbe una ricetta alternativa comunque a base di titanio), anche se è ormai difficile da reperire. Molte case che producono i colori forniscono tipi diversi di bianco con medium diversi (olio di lino, olio di cartamo, olio di noci) per cui si è in grado di avere delle alternative in merito al tipo di alterazione che si prevede di ottenere. Tuttavia ti sconsiglio particolarmente di mescolare il bianco in modo compulsivo ad ogni colore. Piuttosto cerca di schiarire sempre con un colore. È preferibile. Oltretutto è possibile riscontrare come, in special modo nell'ottocento, a volte l'artista sceglie di lasciare intravvedere la tela nuda (magari di sacco, senza preparazione di fondo o con una preparazione magra) che già dopo un secolo o due avrà subito un'alterazione cromatica importante, quando addirittura le maglie della tela non si saranno allargate come una garza, lasciando scorgere la parete in ombra dietro al quadro. Sono le cosiddette “secchezze dell'800”. Anche questo effetto può essere previsto, ricercato o solo contemplato e inserito nell'esecuzione. La tela fa parte della materia pittorica tanto quanto il colore. Però è ovvio che potendo lo eviterei il più possibile. Proprio per questo è meglio lavorare a “tutto corpo” e non a velature. Vorrei anche citare Vincent Van Gogh, quando diceva ai posteri di “restaurare pure i suoi quadri rimuovendo una fetta superficiale del colore”, perché tanto lo strato materico era vero materico e il colore sottostante era uguale a quello superficiale. Non come molti quadri finto materici in cui l'effetto tridimensionale è dovuto alla preparazione. Altrettanto si può dire per ciò che concerne le crepettature, anche quelle finiscono per fare parte dell'opera. Basta vedere la “Gioconda”. Per quanto ti sconsiglio di impiegare vernici screpolanti o invecchianti perché entrambi gli effetti si possono ottenere in maniera naturale e genuina pure senza volerlo – mentre l'effetto di questi prodotti appositi è sempre una falsificazione – in ogni caso in riferimento alla vera craquelure. Il mio consiglio spassionato è volto a ricercare piuttosto la massima solidità. Quindi vedi di lavorare a “corpo pieno”. Poi, accada quello che deve accadere. Per cui non andare mai magro su grasso (oppure il colore in superficie asciugherà prima dello strato sottostante danneggiandosi.). Nella mia carriera di pittore ho osservato anche come i blu siano particolarmente delicati (ho già accennato al fatto che, ad oggi, ancora non abbiamo a disposizione dei buoni verdi, questo discorso vale in parte anche per i blu. Osserverete, infatti lavorando, come, mentre è possibile usare i rossi anche puri, verdi e blu vanno sempre impiegati in una mescolanza. Non sono mai abbastanza luminosi o coprenti. In passato si usava molto velare con i verdi sopra impasti elaborati appositamente o impiegare il bitume per imbrunirli. Quando non addirittura veniva preferito un bruno ad un verde. Procedure che nel tempo hanno portato ad alterazioni importanti, talvolta aggravate dagli interventi di restauro. Ad esempio nella fase di raschiatura la patina di asfalto veniva rimossa e il panneggio perdeva completamente il modellato. Lo stesso dicasi dell'impiego del nerofumo che veniva confuso con l'alterazione dovuta al fumo delle candele. Talvolta il pittore antico ricorreva anche a stesure a strati di olio non pigmentato per provvedere patine desiderate, che con il tempo però potevano alterarsi più del dovuto. Per questo motivo credo che lavorare sempre per mescolanza in un unico strato coprente spesso qualche decimo di millimetro sia del tutto preferibile al fine della conservazione). Tutti i pigmenti blu, in special modo la ftalocianina beta (blu primario), essendo particolarmente leggeri chimicamente e finemente tritati, hanno la tendenza ad emergere nelle mescolanze verso la superficie dello strato pittorico, già poco dopo la stesura, acquisendo dapprima un aspetto blu dominante (asciugando noterai come gli azzurri tendono a scurire.) e successivamente scomparendo lentamente nell'arco dei secoli. Ad eccezione del vero blu oltremare che è ottenuto tramite la macinazione del lapislazula. Purtroppo ad oggi in questo senso, non possiamo ancora dire di avere scoperto nemmeno un pigmento verde realmente eccellente. Più in generale anche i rossi e tutti gli altri colori sarà meglio che siano di qualità. Perché solo i pigmenti veramente puri e verificati dalla tradizione sono in grado di rimanere inalterati. Molte opere magnifiche del rinascimento presentano nei panneggi, blu, verdi e rossi, strani effetti cromatici (in molti casi l'effetto era voluto per riprodurre le preziose sete cangianti ma in altri è stato appurato che si tratta di alterazioni. Tanto che perfino per i restauratori esperti è difficile distinguere bene di cosa si tratta. Per esempio quando l'azzurrite si trasforma in malachite, dato che entrambi erano pigmenti in uso). Questi non erano voluti ma vanno ascritti all'uso del pigmento rosso noto come vermiglione che, pur essendo probabilmente il più bel rosso su piazza, non sempre era di qualità eccellente (ci sarà un motivo se uno stesso colore ha importanti differenze di prezzo). Un'altra cosa fondamentale per la conservazione dell'opera d'arte è la verniciatura finale. Sia che si adoperi una vernice (preferibilmente al mastice) sia che si adoperi la trementina veneta diluita in parti uguali in essenza di trementina, è necessario attendere da sei mesi ad un anno prima di stendere questo strato di protezione. Perché il colore ad olio deve asciugare perfettamente. Altrimenti la vernice, invece di creare un film protettivo che eventualmente è possibile rimuovere e sostituire (usa solo prodotti reversibili) per effettuare la pulizia del quadro, affonderà nello strato di colore sottostante e diventerà con esso un corpo unico. Esponendo di fatto la pittura direttamente agli agenti. Ciò vanificherà completamente questa operazione di custodia, per cui sarebbe stato addirittura meglio non verniciare affatto il quadro. Anche perché i tempi di asciugatura del colore grasso e della vernice sono diversi ed esiste la reale possibilità di danneggiare l'opera, sbavare il colore, screpolarlo (soprattutto se si eccede con l'addizione di olio nel colore.) o appiattire la materia. Inoltre è possibile attendere dopo la verniciatura un altro anno, finché la vernice non si sia perfettamente stabilizzata, ed implementare la protezione con un protettivo alla cera. Io per comodità uso la cera all'essenza già preparata per il restauro dei mobili ma è anche possibile mescolare al momento la cera d'api e l'essenza di trementina, scegliendo con cura i prodotti migliori. Questo ulteriore accorgimento, unito all'uso dei migliori materiali (tele e colori), dovrebbe permettere alla pittura di conservarsi anche per trecento anni inalterata ma ciò dipenderà soprattutto dalla capacità del messaggio contenuto nella tua pittura di trascendere il tempo.

Per concludere veramente mi sembra obbligatorio citare il geniale inventore del “medium vespa”, che però temo non troverai mai in commercio:

“L'ultimo segreto di questo libro, infatti, è che prima di tutto questo è assolutamente necessario che, nel momento in cui ti siedi davanti al cavalletto per dipingere il tuo quadro, la tua mano sia guidata da un angelo.” (Salvador Dalì: “50 segreti magici per dipingere” – 1949. Questo buffo libro del famoso surrealista spagnolo, dietro ad una mole incredibile di curiosità più o meno credibili, si rivela uno strumento più serio di quanto vuole far credere lo stesso autore. A differenza del mio trattato che sembra serio e invece forse va preso sul ridere. Nell'introduzione avevo promesso di svelare qual è il motivo per cui scrivere un libro sulla pittura ha un senso diverso dal dare solamente l'esempio dipingendo. Diciamo che da un lato esiste la difficoltà oggettiva di comprendere una tecnica senza osservare dal vivo l'esecuzione dell'opera. Oltretutto trovo che ciò che si trova scritto in altre opere simili necessita di una traduzione, non solo nel senso linguistico ma soprattutto finalizzata a comprendere le motivazioni di tanti espedienti tecnici. D'altro canto ho voluto che il mio libro invece fosse per tutti. Svincolato da uno stile pittorico preciso. Mentre di solito chi osserva delle opere eseguite con un determinato stile è più portato a fare come nel ballo di Simone e scimmiottare quello che vede fare, senza di fatto capire nulla. Nell'arte invece ognuno ha il dovere di contribuire con la propria interpretazione personale e la propria ricerca. In ogni caso a monte serve davvero molto esercizio. Per cui non intendo definitivamente scoraggiare nessuno dal concludere che ciò che ho detto io sono solo stupidaggini e che invece si fa completamente in un altro modo. Però cara collega, sappi che credo molto in ciò che ho scritto. Anche perché per me si è trattato di fare il punto su un lavoro enorme e non si tratta semplicemente di qualcosa detto per sentito dire. Quindi, dopo aver letto questo libro, buttalo, straccialo, usa le pagine per pulirci i pennelli. Non mi importa, ma sappi che questo, anche se è solo un'opera introduttiva, è un testo sincero che forse al discepolo rivela già fin troppo).

Resta però da dire ancora una cosa, Francesca: sarà tutto quanto inutile se il tuo angelo si dimostrerà incapace di vendere le tue opere, perché in questo caso andrai certamente incontro alla rovina finanziaria, dato che dipingere è abbastanza costoso.


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