1. Il vero – camera oscura/camera chiara.
VI LA QUESTIONE DEL SOGGETTO
La prima domanda – o per lo meno una delle prime – che un pittore si pone è certamente quella di cosa dipingere. Subito dopo ci si chiede se da ciò che si è individuato può scaturire una tematica. Qualcuno addirittura designa la propria poetica come mezzo di riconoscimento del proprio stile, spostando su un differente piano la questione puramente tecnica. La verità è che il soggetto non necessariamente deve avere una simile potenza, un così grande potere. Infatti non esiste nulla che di per sé non valga la pena rappresentare in pittura, ne fra ciò che esiste in natura o creato dalla mano dell'uomo ne fra ciò che si può soltanto immaginare. Addirittura, può valere la pena rimettere in scena qualcosa che è già stato rappresentato anche più e più volte. Come avviene nella musica classica e operistica. Ogni soggetto, ne abbiamo già parlato, è equipotenziale e il motivo è abbastanza semplice. È molto più importante il modo in cui qualcosa viene rappresentato del cosa viene rappresentato. Non è compito del pittore inventare nuovi oggetti, realtà, mondi e personaggi. Casomai questo compito va demandato a scrittori e poeti, vicini alla nostra sensibilità. Ovvero nel caso in cui il pittore sia un artista a tutto tondo che si occupa anche di letteratura e non tema di raccontare qualcosa attraverso l'immagine. Il compito del pittore (in senso stretto) è invece quello di rendere tutto ciò che raffigura nell'opera esteticamente valido nel senso della rappresentazione pittorica, attraverso gli strumenti e i materiali che sono propri della disciplina stessa o talvolta attraverso l'impiego di altri strumenti e materiali derivati da altre discipline e presi in prestito al fine della rappresentazione. Possibilmente senza compromettere ma, casomai amplificando la bontà materiale e la durabilità del manufatto.
Qualcuno divide i soggetti in questo modo: le marine, i paesaggi e le figure e gli attribuisce dei formati preferenziali in modo molto tradizionale. Sta di fatto che ad una differente analisi possiamo dire piuttosto che si possono rappresentare solo tre cose in pittura: il passato (pensiamo al rinascimento come riscoperta dell'età classica), il presente o il futuro (quantomeno uno dei molteplici futuri più o meno probabili; suggestioni che possono derivare anche dal presente e dal passato; elementi che tentano di evocare una possibile nuova estetica in senso progettuale). La scelta migliore, la più logica, dal punto di vista tecnico – visto che la pittura va trattata come una tecnica – la più attinente alla materia in senso stretto, è quella di rappresentare il presente, di fatto copiandolo. Di questo fatto bisogna sempre tenerne conto perché è una precisa scelta di campo. Chiudendo un occhio sul tempo che passa anche mentre si esegue la rappresentazione, per cui quello che possiamo cogliere fa sempre parte di un passato prossimo e mai di un presente assoluto. A mio avviso, ostinarsi a dividersi fra astratto e figurativo (come già detto) è un atteggiamento ottuso e controproducente. Perché produce un antagonismo che non è giustificato dal desiderio di distinguersi. Specialmente dal momento che si tratta di due prodotti completamente diversi che non si fanno minimamente concorrenza. C'è casomai la volontà di essere più o meno analitici, di raccontare di più o di meno, ma esistono moltissimi gradi differenti di astrazione e in ogni caso è una definizione vecchia che non implica la bontà o meno dell'opera. Possiamo notare astratti stupendi, figurativi orribili e viceversa. Per questo motivo bisogna sempre compiere uno sforzo personalizzato quando si valuta l'operato di un artista, senza trincerarsi dietro a una precisa corrente o a una definizione stringente. Soprattutto oggi che abbiamo la fortuna di vivere in un periodo (dopo i totalitarismi del '900) in cui viene attribuito grande valore alla libertà personale. Lo possiamo notare bene dal fatto che via via sono sorti sempre più movimenti (gli ismi) fino quasi a denotare la pittura, non più di una corrente ma, del singolo pittore. Preparati soprattutto a sbagliarti, perché autori che a prima vista ti appariranno insignificanti in una nuova analisi potrebbero rilevarsi più consistenti. Per cui non arrogarti mai di avere un metro universale di giudizio.
La maggior parte dei pittori contemporanei con l'andare del tempo si specializza, attraverso un escamotage, di un certo tipo, per una rappresentazione che talvolta origina dalla tecnica che sviluppa in modo ripetitivo. Altri invece evitano qualsiasi scorciatoia e fanno solo il figurativo nel modo più classico e cercano soprattutto la difficoltà e l'esaltazione dell'abilità tecnica. Sono dei virtuosi e naufragano nel virtuosismo. Per esempio gli iperrealisti americani, attraverso l'uso della fotografia, del proiettore e la meticolosità, riescono ad arrivare ad un grado di realismo molto elevato all'interno del quale sviluppano alcune tematiche: la natura morta, i grattacieli, le vetrine, i dettagli, ecc. Espedienti non del tutto nuovi ma a volte vecchi come il mondo (a proposito dei pittori iperrealisti bisogna rilevare il fatto che nella maggioranza dei casi non praticano una pittura a “tutto corpo” o “corpo pieno” ma, anche i migliori, insistono con molti strati sottili per velature trasparenti. Qualcuno, come Richard Estes, utilizza addirittura l'acrilico come strato di partenza e successivamente ricopre con il colore ad olio. Anche l'illustratore americano Alex Ross procede prima con una stesura in scala di grigi e poi aggiunge sopra il colore. Per cui ad un'analisi particolareggiata la loro tecnica non è poi così moderna e solida, come invece può sembrare ad occhio nudo ma, va piuttosto a recuperare un modo di fare antico e delicato). Il citazionismo ricorre talvolta alla copia più o meno letterale di elementi delle opere passate. La metafisica stravolge il rapporto fra gli elementi ordinatori e compositivi e riproduce in maniera “disordinata” una realtà che si pone in modo continuativo/moderno nei confronti l'antico del quale è nipote distratta. Altre correnti artistiche hanno altre caratteristiche che le riconducono alla propria tematica apportando altre semplificazioni. Ai pittori commerciali più biechi invece non interessano molto le correnti artistiche ma spesso si rifugiano in immagini laconiche ottocentesche oppure nella raffigurazione esclusiva di cose gradevoli che incontrino il gusto medio dell'acquirente trasmettendogli serenità. Per questo motivo è comparsa anche l'art-brut, che prevede esattamente l'atteggiamento opposto. I neo-pop più o meno commerciali si rifanno alla cultura underground. Anche questo è un espediente. Poi ci sono alcuni pittori che sognano di dipingere in modo che la loro pittura trascenda la dimensione temporale, aggirando il confronto con la questione della modernità o della post-modernità, e tentando di misurare invece se stessi con i più grandi maestri di ogni epoca passata. Essi sognano di superare in bravura Michelangelo e Raffaello o Leonardo e quindi per loro i caratteri dell'attualità dei soggetti dipinti non sono che qualcosa con cui inevitabilmente bisogna fare i conti, ma che non cambiano nulla per quanto riguarda la sostanza delle opere. Vedono le automobili o i frullatori con gli stessi occhi con cui De La Tour vedeva le prime candele di cera nel 1600, cioè dei semplici complementi. Stimo particolarmente questi ultimi. Tuttavia mi rendo conto del fatto che in un certo senso sono nati nell'epoca sbagliata. Perché sognano forse un nuovo rinascimento, il grande stile, la classicità, il del tutto apollineo, applicato alla nostra era. Un rinascimento che oggi probabilmente non potrà mai più essere. Perché la pittura di oggi in realtà è il cinema, il videogioco o comunque qualcos'altro su cui si è spostata l'attenzione. L'epoca classica e il rinascimento si caratterizzarono per un rigore artistico estremo che nessuno osava mettere in dubbio e il contesto politico non democratico favoriva questo tipo di rigore. I soggetti erano rappresentati secondo criteri estremamente rigorosi e talvolta addirittura stereotipati attraverso canoni e concezioni fortemente ideologizzati. L'influenza della religione nell'arte, prima di tutto, ha imposto questo rigore attraverso la cui liberazione e il superamento (con la fine del medioevo e l'avvento dei pittori professionisti) sono potuti sbocciare i più grandi talenti. In un clima favorevole al loro riconoscimento ed al loro sviluppo, perché tutti volevano investire nelle belle arti. In un'epoca in cui l'uomo ritrovava la sua posizione centrale e la fiducia nella ricerca scientifica diventava di primaria importanza. Oggi tutto questo non è più sentito nello stesso modo nei confronti della pittura che è diventata solo lo riempimento, la decorazione della parete di una casa sempre più fragile. La quale parete, nuda per molti è ancora da preferire. Decorazione possibilmente non analitica, in modo da non rischiare di offendere nessuno, per carità. Per questo motivo io non me la sento di indirizzare nessuno verso un soggetto particolare o una tematica specifica. Ognuno è giusto che individui qualcosa che gli è affine. Anche quando esprimo una critica, tutto quello che posso fare è riportare in modo analitico gli approcci diversi che sono via via stati adottati dagli artisti, per focalizzare nell'opera un contenuto più o meno formale. Più o meno significativo. Non sono nessuno per formulare un giudizio. Del resto nemmeno rimango senza parole, di fronte al giudizio del popolo, come Ponzio Pilato.
Però prima di tutto bisogna sviluppare una tecnica e imparare a dipingere qualsiasi cosa in qualsiasi modo (il senso più alto del mitomodernismo è proprio questo. Il modernismo, le avanguardie, gli stili del '900, vanno interpretati in senso allegorico. Dunque all'interno di un discorso pittorico è possibile inserire una parentesi per condurre ad una riflessione. Tuttavia non bisogna fermarsi ad uno stile modernista. Conclusa l'allegoria, il discorso riprende - come un leit-motiv - e si completa del nuovo senso che il movimento moderno ha voluto aggiungere a ciò che era già stato detto. In questo modo il mitomodernismo, che è principalmente una forma del pensiero, si propone di superare il periodo moderno, caratterizzato da pittura con tecniche e intenti differenti - ad esempio l'astrattismo- riconducendolo nel solco della tradizione. Bisogna però essere già da subito dei classici. Perché l'arte moderna fra trecento anni non potrà più essere definita tale ed è dunque disposta ad un invecchiamento rapido. Mentre lo stile “classico” di un Edward Hopper tende a caratterizzarsi come un evergreen e a rimanere indiscutibilmente al suo posto negli annali. Io non vedo un'esigenza reale di arrivare ad una nuova epica, come sembra intendere il prof. Zecchi e per questo vorrei ricordare le parole di Platone nella “Repubblica”: “Se accetterai la Musa corrotta della poesia lirica o epica, nella tua città regneranno il piacere e il dolore anziché la legge e la ragione”. Penso invece che oggi sia importantissimo avere dei valori morali ma, che non sia compito della pittura comunicarli, quanto piuttosto spingere a riflettere le persone intorno alla dicotomia giusto-sbagliato senza proporre di schierarsi).
La strada maestra per fare questo rimarrà comunque sempre la copia . La cosa essenziale è individuare un soggetto con una buona, se non ottima, plasticità. Ciò significa prevalentemente: illuminato da un lato, controluce con colpi di luce o con luce radente (vedi tav.14-15 nella sezione TAVOLE ILLUSTRATE). Anche il colore è essenziale ma eventualmente è sempre possibile rimediare con delle astuzie – l'uso di colori complementari, il gioco di caldo e freddo, in favore di un maggiore tonalismo, ecc... Quando invece si copia un soggetto piatto, magari una foto scattata col flash, o a volte anche solo completamente in ombra, il quadro a stento potrà mai avere un suo volume. Bisogna imparare a vedere. A meno che non vogliamo fare un quadro completamente piatto, che solo in un angolo ha un pezzo di superficie in piena luce come una macchia che lo rende interessante. Nella plasticità invece è racchiusa l'essenza stessa della bellezza, non nella forma come si potrebbe supporre in modo superficiale. Fate tesoro di questo concetto. Poiché ogni donna è brutta o bella allo stesso tempo a seconda di come la luce accarezza i suoi lineamenti e dunque dal punto dal quale la si vede. Ma è meglio sposarne una assolutamente bellissima perché bisogna apprezzarla anche al buio. Tu potrai an che solo scolpire il quadro con delle rapide masse, senza indugiare nei dettagli e l'opera sarà compiuta. Oppure restituire ogni dettaglio fino al più maniacale e allo stesso modo il quadro sarà riuscito. Solo quando l'effetto sarà veramente plastico. Questa per me è l'unica regola che se potessi ti imporrei con ogni mezzo. Non è importante che il disegno sia perfetto. Non per forza bisogna usare il proiettore.
Tutti i pittori professionisti di ogni epoca, chi più chi meno, hanno utilizzato degli espedienti “segreti” per eccellere sempre più nel disegno e per lavorare in modo sempre più veloce e scientifico. Già quando si parla del vero, ad esempio. La copia dal vero, sembra che debba addirittura il suo nome ad un sistema utilizzato anche, fra gli altri, dal grande Leonardo Da Vinci. Che consisteva nel osservare il soggetto da riprodurre attraverso un vetro (in veneziano “vero”) e abbozzarlo direttamente su di esso. Oppure attraverso un vetro munito di una griglia, da utilizzare per riportare il disegno su tela col metodo della quadrettatura, cercando di non muovere troppo il punto di osservazione per mezzo di appoggi anatomici per bloccare la testa del pittore. Questo tipo di trucchi però non sostituiva la buona conoscenza dell'anatomia necessaria. Già dalla fine del '500 inoltre, presero piede fra gli artisti alcuni strumenti ottici a cui va giustamente attribuito parte del merito del maggiore realismo a cui si è progressivamente arrivati nel secolo successivo e poi via via fino all'ottocento. Sto parlando della camera chiara e della camera oscura. La camera chiara era sostanzialmente un cannocchiale dotato di un prisma triangolare che permetteva, appoggiando l'occhio sul prisma, di osservare contemporaneamente il soggetto e il supporto da disegno. In questo modo era possibile disegnare seguendo direttamente ciò che si stava guardando. La camera oscura invece era una scatola dotata di una lente e uno specchio, proprio come una reflex, che imprigionava la luce proiettando il soggetto sul supporto all'interno della scatola buia. Il disegno fissato in questo modo in piccolo dal vero poteva poi facilmente essere riportato più in grande sulla tela, aiutandosi con strumenti di misurazione o con la quadrettatura. È probabile che alcuni pittori, come il Merisi, fossero addirittura riusciti a trasformare un'intera stanza dello studio in una grande camera oscura, per lavorare direttamente sul grande formato senza effettuare nessun disegno preliminare. Tutti questi strumenti ottici, se usati con sapienza, permettevano in qualche modo di proiettare l'immagine direttamente sul supporto e sostanzialmente ricalcare le figure. Questo ha permesso ai più bravi di raggiungere la precisione fotografica che ha caratterizzato la pittura di Vermeer, De La Tour, Caravaggio, Canaletto, Heyez e tanti altri. Oggi lo stesso procedimento avviene per mezzo dell'episcopio, del proiettore o del videoproiettore. Da Picasso a Warhol ai pittori iperrealisti, fino ai pittori commerciali che rifanno l'ottocento e a chiunque altro. Pochi lo confesseranno ma moltissimi usano questo tipo di apparecchi ancora oggi. Tuttavia non bisogna pensare che sia questo il segreto del loro talento, perché in realtà, chi non sa disegnare e dipingere, chi non conosce l'anatomia, non è in grado di trarre nessun vantaggio dall'impiego di un proiettore. Non illudetevi, per diventare dei maestri serve ben altro. Prima di tutto moltissimo esercizio. Perciò si può essere bravi nonostante si usi il proiettore, proprio come Caravaggio rimane comunque un pittore divino anche se è comprovato che utilizzasse la camera oscura.
La realtà è che una volta approntato un disegno con questo od altro ausilio, non vi è più nessun facile espediente che permetta al pittore di risolvere definitivamente il quadro a mano libera con il colore. Per cui, bisogna proprio essere capaci di farlo con la propria intelligenza. Oppure tanto vale stampare la fotografia su tela ma, secondo me non è la stessa cosa. Perché la bacchetta magica per i pittori in realtà ancora non esiste. Chi sminuisce l'opera di un professionista perché sospetta che usi il proiettore o altro è un povero ignorante che non è nemmeno capace di fare la “o” col bicchiere e cerca una scusa per propinare qualche crosta informale. Perché disegnare bene e dipingere bene è comunque una fatica bestiale con qualsiasi mezzo e ci vuole in ogni caso la pazienza di un santo. Sarebbe come contestare la scultura di Canova , perché usava fare il calco dei corpi dei modelli. Non è forse vero che quando è morto gli hanno trovato il torace deformato e compresso dall'uso smodato del trapano a mano?
Premesso questo, per concludere questo capitoletto sul vero va specificato che per dipingere dal vero ovviamente non si può usare il proiettore, altrimenti è “per finta” perché il vero sarebbe filtrato dal mezzo fotografico. Mentre era ancora dal vero farlo col vetro o con la camera chiara e la camera oscura ma questi procedimenti sono in totale disarmo. Per cui è ovvio che la pittura stessa dal vero tende ad essere un momentino in disarmo, oppure molto meno fedele alla realtà che nel “fulgido passato glorioso” dell'arte. Per questo motivo i veri sostenitori del vero tendono a fare quasi sempre una pittura “stilizzata”, senza preoccuparsi troppo di deformare (Guttuso, Morandi, ecc.). Anche perché non esiste più una importante tradizione accademica che tramanda la tecnica e quasi sempre ci si rifà al mito dell'impressionismo. Benché vi confesso che già gli impressionisti predicavano molto bene (la pittura en-plain-aire) e razzolavano male (trafficando come tutti con le fotografie). Questo è un fatto logico. Comunque, quella del vero, non è una strada che non si possa più percorrere, anzi. Chi sceglie di lavorare sempre e solo dal vero può anche diventare bravissimo e fare un realismo molto fedele come Zimou Tan. Potete trovare i suoi tutorial su internet. È solo una questione di abitudine e di continuo, severo, esercizio. Però devi tenere presente che facendo in questo modo avrai scelto in assoluto la maniera più accademica di intendere la pittura e ciò significa che a te interessa solo e soltanto il realismo più pedante e viceversa non ti interessa quasi completamente essere considerata contemporanea. È un approccio filosofico estremo, rappresentare soltanto quello che puoi prendere dal vero. Tipico dei totalitarismi che rimpiangono i presunti fasti andati. Per certi versi può essere lecito e anche ammirevole però sarà difficile che qualcuno un giorno sappia distinguere la tua pittura da quella di un altro pittore qualsiasi del regime comunista cinese. Perché il vero, concepito in questo modo è spersonalizzante, interessa poco e probabilmente ha già detto tutto quello che doveva dire.
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