1. Il ruolo moderno del colore.

 IX IL COLORE

I colori per dipingere sono pigmenti che possono essere già preparati o da preparare, per l'encausto, l'olio, la tempera, l'acrilico e l'acquerello. Pochi pittori oggi giorno adoperano i pigmenti in polvere e preparano personalmente il colore per dipingere, ma fino a cento anni fa questa pratica era ancora molto in voga. Si può ancora fare e non è così difficile come si potrebbe pensare. Tuttavia a me questo ora non interessa, anche perché questo libro non vuole essere un manuale di tecnica pittorica. Però è molto importante impiegare il più possibile materiali di prima qualità. Ritengo doveroso fare alcune distinzioni. Poco tempo fa alcune case produttrici hanno lanciato sul mercato dei colori ad olio per la pittura all'acqua. C'è stata una certa polemica fra gli artisti. In realtà, con questi colori, non hanno inventato niente di nuovo. Perché fin dal rinascimento era nota la tempera ad olio e, questi che ora loro vogliono spacciare per una novità, non sono altro che questo. Quindi non chiamiamoli colori ad olio ma tempere ad olio. È quello che sono. In ogni caso, quando ti avvicini a dei colori, abituati a non ragionare troppo sulla denominazione di fabbrica ma indaga quali sono i pigmenti e le sigle associate, altrimenti puoi facilmente cadere in inganno. Vale a dire che non è un grosso problema se i colori si diluiscono con l'acqua o col vino, quello che conta veramente è la bontà o meno dei pigmenti, prima di tutto, e la minore presenza di additivi, in secondo luogo.

Una cosa fondamentale quando si dipinge è azzeccare la diluizione. La giusta liquidità. Il colore molto denso corrisponde ad una pittura più materica e meno dettagliata. Il colore molto liquido corrisponde ad una pittura ottenuta per velature, come l'acquerello. In medio stat virtus. La tecnica che prediligo e consiglio, la più solida e duratura, è quella che prevede di utilizzare il colore in modo coprente, cercando di produrre il minor effetto materico. Croste di colore e velature, sono perciò da evitare, perché rendono meno resistente la pittura. Inoltre, sarebbe bene lavorare sin da subito con le giuste mescolanze di colore, senza dover poi intervenire con strati successivi. Tuttavia mi rendo conto che alcuni effetti pittorici di pregio possono essere auspicabili. Per esempio lo sfegazzo, che si ottiene sfregando una piccola quantità di colore non diluito (per lo più il bianco) con un pennello a pelo rigido (setola di maiale), insistendo affinché il colore asciutto sottostante si veda in trasparenza. Oppure anche delle stesure liquide, che vanno però date prima di verniciare il quadro con il “flatting”, senza andare magro su grasso. Anche qualche sacra pennellata densa, detta estrema unzione, può stare bene ogni tanto. Ho parlato di stesure liquide perché le velature vere e proprie in particolare avevano il difetto che venivano date più che altro sopra la vernice finale. Per aderire in modo più delicato. Il problema però era che col tempo e magari con le ripuliture finivano per svanire completamente. Per cui è sempre meglio non abusare di delicatezze simili. Tutti questi effetti (che sono tipici della maniera antica) possono permettere ad una pittura coprente (tipica della maniera moderna) di realizzare un compromesso che può rendere la pittura senza tempo. Se quello che vorremo comunicare con la nostra pittura merita di travalicare i secoli. Mentre, una pittura troppo materica – benché solida – è sempre una pittura naturalista, piuttosto romantica, che rischia di sembrare naif. Oltretutto è molto difficile ottenere un buon vero materico. Anche perché è veramente dispendioso in termine di consumo di materiali, specialmente nella fase di studio per arrivarci. Viceversa proliferano migliaia di autori che producono un penoso finto materico pseudo ottocentesco o moderno che sia che, a mio avviso, è davvero ciò che di più scadente si possa fare. Dunque ti sconsiglio di esagerare in questo senso, perché temo che non approderai a niente e quando ti troverai di fronte a un Van Gogh o a un Rembrandt scoppierai a piangere di te stessa e della tua miseria.

Qual è il ruolo moderno del colore? Apparentemente questa è una domanda bizzarra. Tuttavia l'argomento è molto importante, oserei dire fondamentale. Rivela addirittura una importante questione di livello superiore, riguardo il ruolo moderno dell'arte stessa.

Prima dell'ottocento ogni pittore era tenuto a procurarsi i pigmenti dagli speziali e dagli alchimisti. Successivamente era ancora possibile trovarli facilmente nelle mesticherie e ancora oggi presso le case di produzione, ma sempre meno nei punti vendita perché anche i restauratori ormai tendono ad usare prodotti specifici più andanti. Spesso il pittore stesso era un'alchimista. Doveva lavorare i pigmenti impastandoli personalmente con il medium desiderato al fine di poter impiegare il colore 108

allo scopo di dipingere. Cosa legava l'alchimia alla pittura? La stragrande maggioranza dei pigmenti (specie quelli moderni) è ricavata dall'industria dei metalli. Fin dall'età della pietra. Si può quasi sostenere che il progetto alchemico di ricavare l'oro dalla combinazione di metalli più poveri, in realtà va considerato congiuntamente con la pittura e si è probabilmente perfezionato con l'invenzione del giallo di cadmio. È infatti noto come nel medioevo venivano usati diversi metalli in foglia e in lamina nelle icone e i pittori quindi dovevano essere anche orefici. Successivamente i maestri della pittura ingaggiarono delle vere e proprie gare di talento nel rendere la preziosità dell'oro con il colore. Dall'ottocento in poi, l'industria subentra nella produzione dei colori. Dapprima si concentra sul settore tessile, quindi le tinte per colorare i tessuti, poi compare l'industria dei colori per le belle arti. All'inizio i prodotti erano molto scadenti ma a mano a mano l'industria si perfeziona, con studi approfonditi anche storici, finalizzati ad elevare le proprietà di durevolezza e qualità dei pigmenti e dei colori. Questo processo industriale è particolarmente motivato dal fatto che l'industria dei metalli produce una grande quantità di scarti di lavorazione, sotto forma di ossidi. Se osserviamo la lista dei pigmenti presenti nei colori ci rendiamo subito conto che si tratta di: ossidi di ferro, di zinco, di cadmio, di cromo, di argento, di manganese, di alluminio, di cobalto, ecc. Questi composti chimici sono tutti scarti industriali (raffinati) che l'industria dei metalli produce durante lavorazioni come la fusione e che in qualche modo vanno smaltiti, perché non necessari. Alcuni di questi elementi, come l'ossido di piombo, non è più accettabile utilizzarli perché tossici o cancerogeni e quindi è necessario evitare il contat109

to con la pelle. In passato il bianco di piombo era abbondantemente utilizzato, dalla cosmesi (la cipria, pensiamo al 1700), alle vernici per tinteggiare le pareti (la gente moriva di tumore e nessuno sapeva perché), ai colori per la ceramica (molti erano a base di piombo e venivano praticamente mangiati), alle tinte per i tessuti. Oggi il piombo è stato quasi del tutto rimosso anche dai colori per dipingere, ma era disponibile fino agli anni '90. Colori come il giallo di Napoli, o perfino la comune biacca, oggi sono diventati difficilmente reperibili, proprio perché cancerogeni. Altri colori, come il vero rosso vermiglione (ha cambiato più volte formulazione, minerale o organica) o il vero blu oltremare, sono reperibili solo presso i piccoli produttori artigianali, perché la materia di cui sono fatti è troppo rara e preziosa per essere impiegata nella produzione di massa. Questi fatti significano anche che oggi abbiamo altri pigmenti più nuovi, come i rossi e i gialli di cadmio che per certi versi possono essere qualitativamente altrettanto validi. Chi intende fare una pittura contemporanea lo farà con i colori oggi disponibili, viceversa chi vorrà fare qualcosa di meno attuale andrà a ricercarsi gli antichi pigmenti presso case come la Harding. Tuttavia il ruolo moderno del colore supera quantitativamente il suo ruolo antico: riutilizzare gli ossidi delle fusioni dei metalli. Dall'altro lato si può fare un ragionamento più filosofico; meno pratico. È innegabile come l'impatto dell'invenzione della fotografia ha avuto delle ripercussioni forti sulle finalità della pittura. Ebbene, la fotografia, come dice la parola stessa, è la scrittura della luce. La luce è anche il colore ma prima di tutto è il chiaroscuro. La fotografia nasce già matura nell'ottocento e si concentra da subito sul chiaroscuro. Le foto al bromuro 110

o ai sali d'argento però presentano dei valori sbagliati con certi colori. Come l'azzurro che diventa bianco o il giallo che diventa molto scuro. Successivamente le fotografie ortocromatiche grazie all'uso di filtri migliorano la fedeltà del chiaroscuro ma rendono i rossi e i bruni molto intensi, quasi come dei neri. Per una resa più soddisfacente bisogna attendere gli anni '30 coi negativi pancromatici. Tuttavia anche oggi col digitale, per quanto riusciamo a fotografare bene anche con poca luce, i toni della stampa non sono mai fedeli al 100% e rimangono sostanzialmente ottenuti per tricromia. Perciò nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare regolando gli istogrammi non avremo mai un bel colore naturale. Una foto non può mai restituirci tutte le gradazioni luminose e cromatiche di un cielo nuvoloso, magari verso il tramonto, oppure la lieve variazione di pallore e di rossore di un volto di una giovane donna. La fotografia in pratica è volgare. Con i colori ad olio, anche eliminando i pigmenti che non sono puri, abbiamo a disposizione almeno una ventina di pigmenti che ci possono servire a restituire la realtà in maniera molto meno volgare e più pertinente al reale e preziosa. Oltretutto il filtro della mente umana ci permette di giocare con il colore generando effetti ideali che, senza aderire perfettamente alla natura, ci consentono di rivelare aspetti personali della realtà, come il carattere del soggetto, l'emozione, il sentimento e tutto ciò che riguarda i concetti astratti. Queste cose la fotografia le può quasi solo immaginare. Sarà sempre nerastra o biancastra o satura ma, non avrà mai la brillantezza del violetto di cobalto, potrà avere al massimo uno sterile viola ottenuto dal blu e dal rosso che non sarà mai altrettanto bello, luminoso e vivo. La pittura è colore molto di più 111

della fotografia che invece al massimo è chiaroscuro. Il colore è vibrazione. Il quadro vibra. La fotografia non vibra nello stesso modo. Dunque un altro ruolo moderno del colore è superare la tricromia e restituire un'immagine che diversamente, con mezzi meccanici non può essere ottenuta. Al colore è affidato un ruolo primario in pittura, lo sapevano già gli impressionisti nell'ottocento, quando dicevano di sacrificare ogni cosa al colore (dato che la fotografia era in bianco e nero). Anche se francamente riguardando oggi i loro colori prodotti dalle prime industrie del settore mi pare che le opere degli impressionisti siano poca cosa rispetto a quelle dei coloristi veneziani. Addentrandosi ancora maggiormente nell'arte contemporanea, con i nuovi pigmenti a disposizione e con la possibilità di recuperare anche quelli antichi, chissà cosa è possibile ancora ottenere?! È tutto affidato al tuo talento. Alla tua sensibilità. Non hai nessuna scusa per fare opere grigie o terrose o costituite da un unico segno verticale bruno su sfondo bianco. Tutto questo discorso è per evidenziare come oggi sia possibile e probabilmente necessario fare un ragionamento sul recupero, il riuso e il riciclo nell'arte. Trasformando di fatto i rifiuti in opere che abbelliscano l'ambiente e le abitazioni con un cromatismo e un valore materico del tutto superiore alla fotografia. Senza per forza andare a frugare nelle discariche o usare le deiezioni. Forse è proprio diventato questo il ruolo primario con il quale l'arte oggi deve rapportarsi alla realtà. Avendo sempre davanti l'obiettivo di produrre il bello, il buono, il bene e l'ordine partendo dal disordine e dal caos. Il pittore è un creativo e Dio è il creativo per eccellenza. Quindi siate come Dio, portatori di ordine sulla terra.

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